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I tre Golden Globe di “The Bear” puntano i riflettori sulla ristorazione

Tre stelle come quelle Michelin, ma in questo caso sono Golden Globe e vanno dritti alla seconda stagione di The Bear, serie tv comedy che indaga il mondo della ristorazione da nuove angolazioni

The Bear (stagione 1 e 2) ci ha insegnato che la cucina è un lavoro che passa non solo dalla creatività o dalla genialità, ma ancor prima dalla fatica, dagli investimenti, dal sudore della fronte, dalla ricerca incessante e da momenti di sconforto.


Una serie televisiva che si discosta dai talent che conosciamo per far vedere cosa avviene dietro il pass, il tutto ovviamente condito da un intreccio avvincente che tiene incollati ad ogni episodio.


Chi l’avrebbe detto che una serie che tratta di cuochi e fuochi avrebbe potuto avere un tale successo da vedersi riconosciuta una tripletta ai Golden Globe? Se lo chef di The Bear punta alla stella Michelin dopo aver rimesso in piedi il locale fatiscente del fratello, i produttori hanno puntato alle statuette e ne hanno ottenute ben tre.


Raro anche che una seconda stagione ottenga più riconoscimenti della prima e, anche solo per questo, vale la pena approfondire: ben tre i premi, dicevamo, il Golden Globe per la miglior serie commedia e quelli per il migliore attore e la migliore attrice in una serie commedia o musicale, che sono stati assegnati a Jeremy Allen White e Ayo Edebiri.


E’ lui la star del momento, Jeremy Allen White, il protagonista della serie (già amato in passato nella serie cult Shameless) e oggi volto indiscusso di Calvin Klein. Nell’acclamata produzione di FX distribuita in Italia da Disney+, Jeremy è Carmen “Carmy” Berzatto, chef di origini italiane, talentuoso e problematico, che dopo aver lavorato nelle cucine più prestigiose del mondo e aver ottenuto la stella, paga lo scotto di un pessimo carattere e fa ritorno al ristorante di famiglia a Chicago lasciato dal fratello, morto suicida.


Da lui ha ereditato la gestione di The Original Beef of Chicagoland, un’angusta paninoteca di periferia appartenuta al fratello Michael, dove la brigata lavora male e senza una guida. Carmy prende il posto di comando, riunisce la famiglia, e a fatica mette in piede una brigata degna di nota assumendo una promettente sous-chef, Sydney Adamu, e formando il personale presente. Poi il rifacimento del locale: un altro tassello che a parole potrebbe risultare noioso, ma che invece appassiona e aiuta a comprendere quanto sia difficile metter su un ristorante, far quadrare i conti e, infine, offrire un servizio di qualità.


Una serie dal ritmo incalzante, affascinante e anche educativa, che parla di eccessi fuori e dentro la cucina ma che sprigiona anche un’immensa passione che arriva dritta gli spettatori. Le scene di chef e sous-chef che, instancabilmente, perfezionano le ricette dei piatti per l’imminente apertura fuori l’orario di lavoro, a casa, sono una delle tante sequenze che accendono i riflettori su un’intera categoria, facendola brillare.


Un pensiero, infine, a chi fa ristorazione nella realtà:

«Voglio dire grazie soprattutto alla comunità dei ristoranti. Noi interpretiamo questi personaggi per un paio ore al giorno, di mesi all’anno. Ma questa è la vostra realtà, con tutti gli alti e i bassi. Grazie per averci accolto mentre raccontavamo questa storia»

, ha dichiarato nel ritirare il premio Lionel Boyce, che in The Bear interpreta Marcus Brooks.

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